Dirigente licenziato perché anziano

Licenziato per l'età | Anti-Discriminazione
Età | Anti-Discriminazione

Ai lavoratori non possono essere negate, per il solo fatto dell’età, quelle garanzie informate al rispetto della persona umana e al valore sociale del lavoro

Michele è un dirigente prossimo alla pensione, ma viene licenziato prima del tempo perchè anziano, nonostante il contratto a tempo indeterminato.

Quale motivo del licenziamento la società invoca il CCNL – Dirigenti industria – che all’art. 22 consentirebbe il libero licenziamento dei lavoratori che abbiano i requisiti per la pensione o abbiano superato i 65 anni.

Michele impugna il licenziamento e propone opposizione, ma il Tribunale di Roma rigetta l’impugnazione.

Michele deposita impugna l’ordinanza e insiste affinchè il licenziamento – basato sul fatto di essere un dirigente anziano – è discriminatorio, nullo o comunque ingiustificato.

L’applicabilità del rito speciale

La procedura scelta da Michele è azionabile ogni qual volta si discuta di un licenziamento nell’ambito di un rapporto a tempo indeterminato e si chieda l’applicazione di una delle tutele garantite dall’art. 18.

Nella specie, il ricorrente ha contestato di aver subito una discriminazione per sole ragioni di età perché l’azienda ha ignorato l’insussistenza dei requisiti pensionistici.

Poichè tale discriminazione invocata rientra tra quelle richiamate dall’art. 18 e il ricorso non risulta palesemente infondato, opera il principio della prospettazione della domanda ai fini dell’individuazione del giudice competente e del rito applicabile.

Tanto è sufficiente a giustificare il ricorso al rito speciale.

La natura discriminatoria del licenziamento

L’art. 15, l. 300/70 vigente stabilisce la nullità di qualunque patto o atto diretto a licenziare un lavoratore a causa della sua età.

L’art. 3, l. 108/90, aggiunge che il licenziamento discriminatorio è nullo indipendentemente dalla motivazione addotta e che tale nullità comporta l’applicazione delle tutele di cui all’art. 18, l. 300/70 anche ai dirigenti.

L’art.2, D.lgs. 216/2003 sancisce che si ha discriminazione direttaquando, per religione, ... per età o per orientamento sessuale, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un’altra in una situazione analoga”;

Questo principio di parità di trattamento si applica, ex art.3 D.lgs. 216/2003, anche all’area dell’occupazione e alle condizioni di licenziamento.

Nel corso del giudizio, la società resistente ha sempre difeso il proprio operato, affermando che l’art. 22 CCNL è norma valida. Essa fa “risorgere il diritto al libero recesso del datore di lavoro, in funzione di tutela dell’interesse collettivo a “liberare” il posto per agevolare l’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro”.

E’ quindi proprio l’azienda a fondare la ragione del licenziamento sulla base della età avanzata del dirigente.

Il Tribunale ne ha quindi dedotto che Michele è stato trattato meno favorevolmente di come sarebbe stato trattato un dirigente più giovane. Il Tribunale ha quindi riconosciuto la discriminazione diretta.

Le ulteriori ragioni del licenziamento

L’art. 3, l. 108/90 stabilisce la nullità del licenziamento discriminatorio, ove sussistente, va dichiarata “indipendentemente dalla motivazione addotta”.

Tale previsione, da un lato, toglie importanza alla motivazione indicata dal datore. Dall’altro, attribuisce valore indiziario al fatto che il datore non adduca altra formale motivazione diversa da quella fondata sul fattore di discriminazione.

Nel caso di specie, il recesso ha avuto natura dichiaratamente discriminatoria. Il datore ha richiamato nella lettera di licenziamento solo la clausola del CCNL che lo autorizzava a recedere per ragioni di età.

Non vi è dubbio che il Dirigente era stato licenziato perché anziano.

La società non ha dimostrato che il licenziamento trovasse prevalenti giustificazioni in altre ragione e che l’elemento discriminatorio in base all’età fosse subvalente o assente.

L’irrilevanza delle altre giustificazioni datoriali

La resistente ha invocato solo generiche ragioni economiche. L’esistenza di una riorganizzazione aziendale che avrebbe portato a una rimodulazione degli incarichi dirigenziali ed alla soppressione di alcune posizioni.

Il Tribunale ritiene tuttavia che tali ragioni siano deboli e non siano state la reale causa del recesso. Manca un nesso causale tra il licenziamento e la riorganizzazione.

La lettera di licenziamento non fa riferimento alla situazione di crisi e neppure si capisce se le difficoltà aziendali erano già presenti alla data del recesso.

Inoltre, nonostante le asserite difficoltà economiche, la società ha assunto un nuovo dirigente.

Il dirigente viene licenziato perché anziano

L’azienda non ha spiegato perché il ruolo dirigenziale non potesse essere assegnato a un lavoratore già in forza, anche nell’ottica della rimodulazione e del risparmio.

L’azienda neppure ha spiegato come la nuova assunzione si conciliasse con le necessità di contenimento dei costi. Il risultato che l’azienda voleva raggiungere era quindi solo quello di espellere un dirigente anziano.

L’art. 22 esplicitamente richiede che, già al momento del recesso, il dirigente possegga, alternativamente, uno dei due requisiti previsti. In altri termini non autorizza il recesso ante tempus nei confronti del dirigente, neanche con efficacia differita al momento del raggiungimento dell’età pensionabile.

Infine, anche a voler ritenere che l’art. 22 autorizzi un recesso anticipato, sia pure con effetto differito, ciò è legittimo a condizione che il dirigente consegua, al momento in cui il licenziamento acquista efficacia, almeno i requisiti per la pensione di vecchiaia.

Non possono essere negate, per il solo fatto dell’età, quelle garanzie informate al rispetto della persona umana e al valore del lavoro nelle società contemporanee.

Pertanto, anche al lavoratore anziano (cioè ultrasessantacinquenne) va riconosciuta la tutela accordata agli altri lavoratori. Per essi non opera il recesso ad nutum del datore solo per il raggiungimento della detta età.

Ogni licenziamento deve trovare ragione in una giusta causa o in un giustificato motivo.

Ne consegue che la clausola pattizia invocata deve essere così interpretata: consente un recesso per ragioni di età, ma solo se ciò consenta il transito del lavoratore verso il trattamento previdenziale, senza soluzione di continuità.

Il Dirigente non può essere licenziato solo perché anziano ultra sessantacinquenne.

Il Tribunale accoglie l’opposizione, dichiara nullo il licenziamento e ordina alla società di reintegrare Michele nel posto di lavoro precedentemente occupato.

Inoltre condanna il datore al risarcimento del danno, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali per lo stesso periodo e al pagamento delle spese processuali.

Se vuoi conoscere la sentenza nel dettaglio richiedi attraverso la nostra pagina Contatti il provvedimento giudiziario E1a (Tribunale di Roma, ordinanza del 15/04/2014  – RG.A.C.13161/2014).